I jeans scoloriti, dall’aspetto vissuto, non progressivamente scoloriti dalle abitudini e dai gesti quotidiani, possono certamente dare un bell’effetto, ma pochi sanno che possono uccidere: non chi li indossa, ma chi li produce. Nel Gennaio 2011 è partita la campagna internazionale contro il processo di sabbiatura, con cui il denim, il tessuto del jeans, assume uno stile vintage. Questo metodo, definito “sandblasting” è il trattamento più a buon mercato e ottimo dal punto di vista stilistico poiché produce i risultati migliori: consiste infatti nello sparare la sabbia ad alta pressione attraverso un compressore, e l’operaio può così manovrare l’effetto sul tessuto in maniera molto precisa. Insomma, un tocco in più a cui gli amanti del jeans scolorito non possono proprio rinunciare, ma che purtroppo ha effetti negativi inimmaginabili: gran parte dei lavoratori che praticano il metodo sandblasting si ammala di silicosi. Infatti, attraverso l’inalazione delle polveri che contengono la silice della sabbia, viene contratta molto facilmente questa malattia, che risulta irreversibile, incurabile e spesso mortale. In Turchia il processo di sanblasting ha avuto inizio nel 2000 ed è stato bloccato nel 2009, dopo le denunce di sindacati e associazioni, quando purtroppo si era già stimata una percentuale di affetti da silicosi che superava ben il 50% dei lavoratori. I morti accertati da Novembre 2010 sono 44 e nonostante il Ministero della sanità abbia deciso di fornire (giustamente) cure gratuite, i produttori si sono limitati a trasferire gli ordini di sabbiatura verso altri paesi, come se in tal modo venisse risolta magicamente questa condizione drammatica dei lavoratori. La campagna contro il sandblasting method è portata avanti da Clean Clothes, una rete di organizzazioni sindacali e organizzazioni non governative europee, e ha suscitato un’eco vastissima. La maggior parte dei jeans slavati destinati alla vendita in Europa verrebbero trattati in paesi molto poveri come il Bangladesh, l’India, la Cambogia, il Messico, e soprattutto senza alcun riguardo per i diritti dei lavoratori: i laboratori di sabbiatura non sono altro che l’ultimo anello della filiera di produzione, in cui i controlli sono davvero scarsi. Basti pensare che il “tetto”previsto dalle direttive comunitarie per la percentuale di silice è dello 0,5%, mentre la sabbia che viene utilizzata in questi paesi ne contiene fino all’80%, per non parlare della totale mancanza delle misure protettive fondamentali, come semplici guanti, tute o mascherine. Ciò a cui mira questa campagna è mettere fuori legge la sabbiatura, non acquistare jeans sabbiati e in particolare far pressione sulle aziende del settore tessile in modo che aboliscano definitivamente questa tecnica; mira dunque a concretizzare l’appello ai grandi marchi, a cui alcuni hanno già risposto. Levi-Strauss ed H&M hanno annunciato che bloccheranno la vendita di jeans sabbiati, Gucci ha elaborato una strategia per abolire il sanblasting method dalle sue fabbriche, e Pepe Jeans ha sviluppato da tempo una “politica sociale corporativa” in materia di salute e sicurezza: nei lavaggi utilizzati per i jeans, Pepe Jeans dichiara infatti che le fabbriche con cui collabora non fanno uso di metodi di invecchiamento che utilizzano la sabbia, ma sfruttano la pressione dell’acqua, tecnica totalmente priva di rischi. Non vi è stata invece alcuna risposta da altri big come Cavalli, Armani e Dolce&Gabbana. E’ proprio a loro che è destinata la “tasca virale”, il quale logo è appunto “Nuoce gravemente alla salute”. Se quindi durante lo shopping vi dovesse capitare per le mani un paio di jeans sabbiati, occhio alla tasca posteriore, in cui potreste decidere voi stessi di applicare questa etichetta poco convenzionale, non per questione di gusti, ma per questione di diritti umani, per dire basta ai jeans che uccidono e soprattutto per dire basta alle aziende che sfruttano la manodopera a basso costo per accumulare profitto a danno di lavoratori ignari dei rischi che corrono ogni giorno.
Per cogliere novità e modi di essere, di diventare…Istinti, evoluzioni e trasformazioni di una società contemporanea sempre più border-line, dove le differenze talvolta vengono cancellate dall’omologazione. Dalle passerelle al costume, dai luoghi ai rapporti interpersonali, per dare un’istantanea sempre nuova del “coprimento” individuale, dall’abito materiale a quello metaforico: le maschere che ognuno di noi indossa, singolarmente e nel proprio ruolo sociale.
lunedì 30 maggio 2011
No al Sanblasting method: Moda killer o dalla parte dei lavoratori?
The faded jeans, looking lived, not gradually faded from the daily habits and gestures, they can certainly give a nice effect, but few know that they can kill, not those who wear them, but those who produce them. In January 2011 started the international campaign against the process of sandblasting, which the denim, the fabric of the jeans, takes a vintage style. This method, called "sandblasting" the treatment is cheaper and very good from the stylistic point of view because it produces the best results: it consists in firing the sand at high pressure through a compressor, and the worker can then maneuver the effect on tissue very precisely. In short, a little something extra to which the faded denim lovers just can not give up, but that unfortunately has a negative effect unimaginable: the majority of workers engaged in sandblasting method is ill with silicosis. In fact, through the inhalation of dust containing silica sand, is easily contracted this disease, which is irreversible, incurable and often fatal. In Turkey, the process sanblasting began in 2000 and was stopped in 2009 after complaints from trade unions and, unfortunately, when it was estimated with a percentage of silicosis, which exceeded the 50% of workers. The confirmed dead are 44 by November 2010 and despite the Ministry of Health has decided to provide (rightly) free medical care, manufacturers are limited to orders from sand to other countries, as if magically resolved in this way was that the dramatic workers. The campaign against the sandblasting method is carried out by the Clean Clothes, a network of trade unions and nongovernmental organizations in Europe, and met with a wide. Most of the stone-washed jeans sold in Europe would be treated in very poor countries like Bangladesh, India, Cambodia, Mexico, and especially without any regard for the rights of workers, laboratories are nothing more than blasting the last link in the chain of production, where the controls are very scarce. Suffice it to say that the "roof" provided for by EU directives for the percentage of silica is 0.5%, while the sand that is used in these countries holds up to 80%, not to mention the complete lack of basic protective measures as simple gloves, suits or masks. What we are aiming this campaign to outlaw blasting, sandblasting, and not to buy jeans in particular put pressure on companies in the textile sector so that abolish this technique, therefore, aims to realize the appeal to big brands, which some have already answered. Levi-Strauss and H & M announced that they will block the sale of jeans sandblasted, Gucci has developed a strategy to abolish the sanblasting method from its factories, and Pepe Jeans has developed over time a "social policy, corporate" approach to health and safety in used to wash the jeans, Pepe Jeans said that factories with which it works do not use aging methods that use sand, but exploiting the water pressure, totally risk-free technique. There was however no response from other big name like Cavalli, Armani and Dolce & Gabbana. And 'they who are targeted by the "pocket viral" logo, which is in fact "serious harm to health". So if you happen while shopping for a pair of jeans sandblasted hands, eyes to the back pocket, you may decide for yourself where to apply this label unconventional, not a matter of taste, but for human rights issue, to say just jeans and especially to say that kill just to companies that exploit cheap labor to earn profits at the expense of workers unaware of the risks they face everyday.
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