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lunedì 30 maggio 2011

Emancipazione femminile, evoluzione nello stile.

I cambiamenti sociali, si sa, non sono circoscritti, ma vengono riflessi in ogni sfera del reale e non solo: prima di tutto si manifestano nella sfera artistica, in quel mondo che lancia un ponte tra sogno e realtà a tutti, ma che pochi possono comprendere, interpretare ed intuire prima che il cambiamento venga a “bussare”materialmente alla nostra porta. La moda è un’espressione sottile di questa conoscenza più originaria e sensibile, precorre le atmosfere che viviamo e che vivremo, ha un “fiuto” particolare. Nel corso del ‘900 questa qualità quasi preveggente si è manifestata in una delle lotte fondamentali dell’umanità per l’uguaglianza e la democrazia, quella per l’emancipazione femminile; il ruolo della donna ha compiuto un percorso in continua ascesa, che nel mondo della moda ha corso lungo quel doppio canale per cui le tendenze anticipano ma allo stesso tempo confermano il perenne riassestamento sociale. Il ‘900 è stato un secolo che l’uomo ha quasi dovuto rincorrere per stare ai tempi, un po’ come la donna stessa e la sua affermazione che minacciava di spostarlo dal podio. Dalla seconda rivoluzione industriale tutto ciò fu molto evidente: in Inghilterra le fabbriche tessili iniziarono a determinare una grande trasformazione nel vestire, fornendo buoni tessuti a prezzi sempre meno elevati e moltiplicando quelli leggeri, colorati, esotici e decorativi, decisamente adatti per l’estate e i sabati danzanti, per una donna che ormai poteva frequentare ambienti mondani di ogni genere. Tra il 1890 ed il 1910  l’affermarsi della fabbricazione in serie abbassò i costi e rese accessibili gli abiti alla moda anche ai ceti meno abbienti, soprattutto dopo la distribuzione sempre più diffusa nei grandi magazzini. La moda viene presentata in tutto il suo splendore dagli anni ’50 in poi: il mondo viene travolto dal “New Look” del francese Christian Dior, tra spalle scoperte e scollature vertiginose, e Parigi diventa la capitale della moda; con l’arrivo del rock n’ roll nelle sale da ballo c’è spazio solo per reggicalze, mini abiti e soprattutto minigonne, grazie alla novità introdotta dalla stilista Mary Quant. La moda diventa sempre più unisex, prende ispirazione più dalla strada che dalle sartorie e l’etnico domina su tutto, anche grazie alla libertà morale e sessuale veicolata dagli hippies, i primi a rifiutare il consumismo e…la biancheria intima! Negli anni ’70 il punk domina Londra e non solo, e il livello di inibizione si abbassa sempre di più non solo per le minigonne, ma anche per le calze rete e i tacchi alti. Negli ultimi decenni la mentalità comune ha subito un’apertura notevole, in particolare da quando la donna ha iniziato ad essere sempre più presente nel mondo del lavoro: compaiono i pantaloni e la gonna pantalone, tutti capi funzionali nella quotidianità e nella battaglia femminile per l’uguaglianza dei diritti. Una delle figure emblematiche nella rivoluzione del concetto di femminilità è stata sicuramente Coco Chanel, che seppe interpretare al meglio lo spirito modernista della sua epoca, prefiggendo una nuova immagine della donna, libera, indipendente dall’uomo, moderna e all’avanguardia: ha saputo dar voce al bisogno di un’effettiva riforma sociale del ruolo e dello stile di vita femminile, unendo eleganza e raffinatezza alla praticità e al comfort. Negli ultimi decenni nella moda non si può più distinguere uno stile preciso che definisca la donna, perché la donna non è più in gabbia, può permettersi tutto, dall’essenzialità alla frivolezza, e il ruolo dello stilista è ormai quello di un consigliere che non impone nulla: si distruggono le forme, si miscelano i colori, si fondono tendenze contrastanti, all’insegna di una nuova modalità di pensiero, più dinamica e meno bigotta. Il tempo scorre inesorabilmente, e nel nostro mondo non c’è più spazio per una ragione restrittiva e costrittiva che orienti le nostre scelte, tutto è possibile e tutto cambia. L’evoluzione del ruolo femminile nella società ci dimostra che legarsi troppo al passato e all’abitudine, rimanendo scettici e timorosi, ci lascia fermi al punto di partenza senza possibilità di intravedere una meta, di reinventarci e progredire: questo cammino riguarda tutti ma…in tacchi ha indubbiamente più stile.