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lunedì 30 maggio 2011

Il “must” jeans, da icona rivoluzionaria a simbolo della globalizzazione.

Cosa ci risponderebbe la più sfegatata delle fashion victims se le dicessimo che i suoi irrinunciabili jeans non sono altro che semplici pantaloni da lavoro? Probabilmente ci farebbe una smorfia di sdegno e continuerebbe a dedicarsi alle sue compere, jeans compresi.  Ma la realtà è proprio questa, nonostante sia poco conosciuta: i cosidetti “blue-jeans” sono nati come pantaloni dal tessuto leggero e particolarmente resistente, ideali per i marinai di Genova. Perché proprio Genova? Ecco un’altra curiosità. I jeans, come tutti invece potrebbero pensare, non sono nati in America ma in Italia. Risalgono esattamente al XV secolo, come stoffa utilizzata per coprire la mercanzia navale ed esportata attraverso il porto antico di Genova, che in quell’epoca era il simbolo del fervore commerciale: è proprio da qui che i blue-jeans inizieranno il loro lungo viaggio, che dura ormai da più di cinquecento anni!  Blue ne indica il colore,  jeans la città d’origine ( dal francese “Bleu de Gênes” ), mentre l’appellativo “denim” sta per “de Nîmes”, la città da cui proveniva questa tela color indaco. I commercianti di Nîmes scelsero il porto di Genova come punto di partenza per le merci destinate al Nord America. E’ qui che viene prodotto questo semplice pantalone da lavoro, su particolare richiesta della comunità mineraria, e lanciato a S. Francisco da Levi Strauss; le caratteristiche base del jeans moderno ci sono già tutte: taglio a cinque tasche, bottoni, impunture, rivetti. Nel dopoguerra diventa un indumento da tempo libero, comodo e colorato, per poi tornare nella nativa Europa assieme al boom del casual, diffuso tra i giovani dai primi idoli del cinema (Marlon Brando, James Dean…) e del rock n’ roll. La storia dei jeans continua, segnata dal proibizionismo americano di indossarli a scuola: saranno riammessi all’università ai tempi di Bob Dylan. Il jeans incarna progressivamente la radicalità della ribellione giovanile, dell’insubordinazione urbana; è indice della volontà giovanile di prendere le distanze dalla monotonia del mondo adulto, dall’ ipocrisia di una società omologata. Non a caso, i “sessantottini” scelgono i blue-jeans come uniforme del loro “esercito” per le lotte ai diritti e alla libertà individuale, entusiasmati dall’esplosione del movimento hippy. In particolare, verrà adottato a divisa collettiva il mitico modello Levi’s 501, simbolo dell’ideologia rivoluzionaria, dell’antimoda e dell’anti-perbenismo conservatore e borghese. Allora com’è stato introdotto nel mondo della moda? Dal ‘68 il jeans diventa il primo capo globalizzato, e oggi lo è più che mai, senza pensabili flessioni in tal senso: con il passare dei decenni si è trasformato, seguendo più le fantasie passeggere degli stilisti che l’entusiasmo delle contestazioni politiche. Con il declino di questa atmosfera effervescente infatti, i brand predominanti nel panorama commerciale si impadroniscono del jeans per introdurlo nell’ “armadio medio” della popolazione, effettivamente riuscendoci: avrà un grande successo sopratutto il jeans firmato, data la novità che rappresentava. Dagli anni ‘80 il jeans è diventato un indumento di “lusso”, dato che gran parte delle ditte di abbigliamento produce una propria linea di jeans, da Valentino a Fiorucci, da Armani a Gas, accanto alle leggendarie Levis, Lee e Diesel. Insomma, jeans è diventata “la parola più globalizzata assieme alla pizza”, come afferma Remo Guerrini nel suo libro “Bleu de Gênes”. Quali sono gli elementi che hanno proiettato in maniera così generalizzata i jeans sul modo di vestire e sull’intera società moderna? Sicuramente è un fenomeno che riflette la costruzione dell’identità personale nei decenni, riattraversandone i mutamenti sociali: dall’identità collettiva del jeans, come primo capo unisex, all’identità individuale, come indumento che si carica di senso assieme al proprio vissuto, così duttile da essere facilmente personalizzabile. E voi cosa preferite? Effetto scolorito, effetto strappato o effetto consumato? Ma è pur sempre un effetto. Il jeans nasce come pantalone che va scolorito, strappato, consumato in giro per le panchine del mondo, è questa la sua essenza: un capo globale che narra una storia personale. Certamente fa parte di una costruzione poco significativa, ma è pur sempre un tentativo di differenziazione, che sarà sempre una necessità della persona.