Li vediamo passeggiare per strada con disinvoltura, aria di superiorità intellettuale e un certo distacco per l’ambiente circostante, come se dovessero prendere le distanze stesse dal proprio periodo storico: sono gli hipster. Sicuramente il fatto di affibbiare loro un’etichetta non andrà giù a molti, ma di fatto, se un unico concetto è arrivato a racchiudere vari atteggiamenti e modi di essere/apparire c’è sempre un perché. Per alcuni i cosiddetti hipster sono solitamente dei giovani universitari altamente pretenziosi, influenzati da alcune correnti (ma soprattutto contro-correnti) culturali e musicali, riflesse automaticamente nello stile “personale”. Da sempre un binomio vincente, la moda e la musica sono tra le forme artistiche più contaminate, e il trend musicale impone naturalmente ritmo, simbolico e fisico, alle tendenze urbane, dando spunti, suggestioni, e talvolta un pizzico di follia e trasgressione: forse è questo l’arricchimento ambito dagli hipster? Ispirati all’ “indie rock”, da sempre considerato un genere musicale di nicchia, manifestano esattamente questo carattere di anticonformismo e indipendenza a qualsiasi livello, in modo un po’ “aristoide”, come per stravolgere i canoni estetici predominanti. Ed ecco che si punta a un abbigliamento che voglia apparire superficiale per se stesso, che dia l'idea di essere stato scelto senza pensarci troppo su: un’esasperazione che sfocia in un vero e proprio conformismo, che detta legge sulla musica da ascoltare e sugli indumenti da indossare. Non che ci sia nulla di male, ma d’altronde evitare un’etichetta, seppur varia, per il pregiudizio dell’etichetta in sé non è un po’ troppo mainstream? Sta di fatto che accanto all’identificazione musicale e al desiderio di “autarkèia”, si è sviluppata, soprattutto negli ultimi dieci anni, un’etica indie a forte impronta culturale che a tratti sfocia paradossalmente nello snobbismo più inquadrato. L’immaginario indie è costellato di film e pellicole indipendenti, nonché di adorazione per alcuni dei registi più conosciuti ( Tarantino, Godard, Truffaut, Allen, Nolan, Sofia Coppola, Antonioni ) e per la letteratura post-moderna, come le opere di Charles Bukowski, e francese, soprattutto gli esistenzialisti Camus e Sartre, nonché le poesie di Baudelaire e Rimbaud. Skinny pants e occhiali nerd, vintage o Wayfarer (un po’ commerciali, non trovate?), mentre per le scarpe, maschili o femminili, le regole sono due: suola ultrapiatta e stile minimal; per completare il look, perfetti i cardigan larghi e vissuti (alcuni sembrano appena usciti da un lavaggio sbagliato) camicie grunge di flanella, t-shirt anni ’70, barbetta incolta per gli uomini e capelli spettinati o quasi per le donne. Gli hipster, in sostanza, si battono contro il mainstream, contro tutto ciò che è tendenza, che è popolare e di successo (indipendentemente dal fatto che tale successo sia meritato o meno), sono la rivendicazione dell’ indie rock e del kitch modaiolo, attuando una ricerca dell'originalità degna di lode. Purtroppo gli occhialoni giganti e l'urban fashion sono ormai andati a costituire quella stessa moda contro cui dovrebbero andare: alla disperata ricerca di uno stile di vita indie, gli hipster sono purtroppo caduti nel nemico da loro più temuto, la catalogazione. Divenuti una delle tante espressioni della creatività giovanile, la moda e la società li hanno ormai ingabbiati in molteplici definizioni. Dunque il termine hipster è utilizzato si, ma in maniera contradditoria, rendendo difficile l'identificazione di una cultura precisa, perché essa è un mix di stili: la peculiarità degli hipster, infatti, è la volontà di essere “inclassificabili”. Figlio ideale della retromania e dell’adorazione di tutto ciò che è vintage, l’indie potrebbe essere considerato anche la figura emergente della rete di significazioni scaturite dall’iper-realtà, concetto caro al filofoso francese Jean Baudrillard: tra conoscenza del mondo informatico, arti figurative, design, passato tech (fotocamere lomografiche, videogames a 8bit, graphic novels), gli hipster hanno costruito un piccolo universo di ricordi, revisionismi e perpetuo citazionismo, un background culturale nel quale si muovono dinamicamente, rendendoli animali urbani e cosmopoliti, ma fagocitando la soggettività individuale.
Per cogliere novità e modi di essere, di diventare…Istinti, evoluzioni e trasformazioni di una società contemporanea sempre più border-line, dove le differenze talvolta vengono cancellate dall’omologazione. Dalle passerelle al costume, dai luoghi ai rapporti interpersonali, per dare un’istantanea sempre nuova del “coprimento” individuale, dall’abito materiale a quello metaforico: le maschere che ognuno di noi indossa, singolarmente e nel proprio ruolo sociale.
martedì 6 marzo 2012
Hipsteria: una tendenza indie-screta.
Li vediamo passeggiare per strada con disinvoltura, aria di superiorità intellettuale e un certo distacco per l’ambiente circostante, come se dovessero prendere le distanze stesse dal proprio periodo storico: sono gli hipster. Sicuramente il fatto di affibbiare loro un’etichetta non andrà giù a molti, ma di fatto, se un unico concetto è arrivato a racchiudere vari atteggiamenti e modi di essere/apparire c’è sempre un perché. Per alcuni i cosiddetti hipster sono solitamente dei giovani universitari altamente pretenziosi, influenzati da alcune correnti (ma soprattutto contro-correnti) culturali e musicali, riflesse automaticamente nello stile “personale”. Da sempre un binomio vincente, la moda e la musica sono tra le forme artistiche più contaminate, e il trend musicale impone naturalmente ritmo, simbolico e fisico, alle tendenze urbane, dando spunti, suggestioni, e talvolta un pizzico di follia e trasgressione: forse è questo l’arricchimento ambito dagli hipster? Ispirati all’ “indie rock”, da sempre considerato un genere musicale di nicchia, manifestano esattamente questo carattere di anticonformismo e indipendenza a qualsiasi livello, in modo un po’ “aristoide”, come per stravolgere i canoni estetici predominanti. Ed ecco che si punta a un abbigliamento che voglia apparire superficiale per se stesso, che dia l'idea di essere stato scelto senza pensarci troppo su: un’esasperazione che sfocia in un vero e proprio conformismo, che detta legge sulla musica da ascoltare e sugli indumenti da indossare. Non che ci sia nulla di male, ma d’altronde evitare un’etichetta, seppur varia, per il pregiudizio dell’etichetta in sé non è un po’ troppo mainstream? Sta di fatto che accanto all’identificazione musicale e al desiderio di “autarkèia”, si è sviluppata, soprattutto negli ultimi dieci anni, un’etica indie a forte impronta culturale che a tratti sfocia paradossalmente nello snobbismo più inquadrato. L’immaginario indie è costellato di film e pellicole indipendenti, nonché di adorazione per alcuni dei registi più conosciuti ( Tarantino, Godard, Truffaut, Allen, Nolan, Sofia Coppola, Antonioni ) e per la letteratura post-moderna, come le opere di Charles Bukowski, e francese, soprattutto gli esistenzialisti Camus e Sartre, nonché le poesie di Baudelaire e Rimbaud. Skinny pants e occhiali nerd, vintage o Wayfarer (un po’ commerciali, non trovate?), mentre per le scarpe, maschili o femminili, le regole sono due: suola ultrapiatta e stile minimal; per completare il look, perfetti i cardigan larghi e vissuti (alcuni sembrano appena usciti da un lavaggio sbagliato) camicie grunge di flanella, t-shirt anni ’70, barbetta incolta per gli uomini e capelli spettinati o quasi per le donne. Gli hipster, in sostanza, si battono contro il mainstream, contro tutto ciò che è tendenza, che è popolare e di successo (indipendentemente dal fatto che tale successo sia meritato o meno), sono la rivendicazione dell’ indie rock e del kitch modaiolo, attuando una ricerca dell'originalità degna di lode. Purtroppo gli occhialoni giganti e l'urban fashion sono ormai andati a costituire quella stessa moda contro cui dovrebbero andare: alla disperata ricerca di uno stile di vita indie, gli hipster sono purtroppo caduti nel nemico da loro più temuto, la catalogazione. Divenuti una delle tante espressioni della creatività giovanile, la moda e la società li hanno ormai ingabbiati in molteplici definizioni. Dunque il termine hipster è utilizzato si, ma in maniera contradditoria, rendendo difficile l'identificazione di una cultura precisa, perché essa è un mix di stili: la peculiarità degli hipster, infatti, è la volontà di essere “inclassificabili”. Figlio ideale della retromania e dell’adorazione di tutto ciò che è vintage, l’indie potrebbe essere considerato anche la figura emergente della rete di significazioni scaturite dall’iper-realtà, concetto caro al filofoso francese Jean Baudrillard: tra conoscenza del mondo informatico, arti figurative, design, passato tech (fotocamere lomografiche, videogames a 8bit, graphic novels), gli hipster hanno costruito un piccolo universo di ricordi, revisionismi e perpetuo citazionismo, un background culturale nel quale si muovono dinamicamente, rendendoli animali urbani e cosmopoliti, ma fagocitando la soggettività individuale.
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RispondiEliminaCiao Valentina!Il pezzo rifletteva esattamente ciò che volevo esprimere,mi dispiace se ti ha dato fastidio!Per il resto avrai notato che il pezzo ha preso vie completamente diverse. Semplicemente dove noto dei documenti attendibili li utilizzo per arricchire il pezzo di informazioni aderenti alla tesi da portare avanti, nè più nè meno :) però se vuoi lo posso modificare, non è un problema.
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