E’ inverno, fa freddo, la mattina ci si alza presto per
andare a lavoro o all’università, e gran parte del tempo viene rubato dalla
scelta dell’outfit quotidiano, per essere sempre impeccabili ovunque si vada. E
se invece bastasse semplicemente prendere ciò che ci capita e abbinarlo a
nostro piacimento senza pensare troppo al “pendant”? Dopotutto il bello
dell’inverno sta proprio in questo, nel sovrapporre tanti e vari pezzi, così
diventa davvero difficile sbagliare, ed è facile creare qualcosa di nuovo e
inconfondibile. Gli stili che indossiamo possono anche discordare tra loro, ma
l’importante è filtrarli attraverso degli elementi chiave. Questa stagione le
parole chiave sono queste: jeans sdruciti,
camicie di flanella a quadrettoni, giacche e maglioni oversize che fanno da
mini vestito, abiti second hand irrinunciabilmente vintage…un vero e proprio
“metropolitan grunge”. Per gli appassionati di questo stile, fusione tra le
polarità del trasandato e del ricercato, è necessario un piccolo salto
temporale: siamo a metà degli anni ‘80 e
il mondo della musica, grazie alle star-icon Kurt Cobain e Courtney Love,
regala inconsapevolmente alla moda lo stile grunge, che inizialmente si
caratterizza in una totale negligenza per ciò che riguarda il modo di vestirsi,
dai maglioni enormi e bucati agli abitini di seta con stampe floreali trovati a
buon prezzo nei mercatini. Se fino
agli anni ‘90 era considerato grunge solo ed esclusivamente lo stile dei giovani
ribelli, nel ‘92 il giovanissimo Marc Jacobs introduce questo stile nel pret-à-porter, creando la collezione
rivoluzionaria per Perry Ellis, raccogliendone e interpretandone i cavalli di
battaglia ma non solo. Jacobs inserisce
infatti tantissimi elementi che poi diventeranno caratteristici di questo
street-syle: la camicia indossata e annodata sopra un abito, gli stivali da
cowboy o da motociclista con gonne lunghe e ampie, grandi stampe “insolite”,
abbinamenti di colori poco accostabili e audaci tanto da sembrare che i capi
siano messi insieme a caso, foulard annodati in testa. Nonostante le varie
critiche, tra cui quella autorevole dell’allora direttrice di Vogue America
Anna Wintour, il grunge, nella sua svogliatezza e poco interesse nel delineare
una moda, pervase progressivamente il mondo satinato (e per molti versi
opposto) del fashion, e più che mai lo fa tutt’oggi. Alexander McQueer , Stella
McCartney, Paul & Joe e molti altri portano in passerella un modern grunge
fatto di t-shirt allungate, stampe divertenti, ampie gonne e manicotti in lana
o eco-pelliccia; se poi andiamo a vedere la nuova collezione di Joseph
Altuzarra vediamo come il grunge nella sua originaria disinvoltura si spossa
sposare perfettamente ad abiti leggeri, femminili ed estremamente comodi,
attraverso l’abile armonizzazione di parka, cardigan in lana grossa e stringate
alte ad eleganti tacchi e impeccabili maquillage e abbinamenti cromatici: la
creazione di un “neo-clochard”, rinnovato nella sua essenza urbana con meno
derivazioni “rurali”. Quest’ inverno sarà tutto fuorchè minimal, perciò
guardatevi intorno più spesso per le strade, vi sembrerà di respirare l’aria
degli 80’s, di una nuova “swinging London” sparsa a macchia d’olio.
Per cogliere novità e modi di essere, di diventare…Istinti, evoluzioni e trasformazioni di una società contemporanea sempre più border-line, dove le differenze talvolta vengono cancellate dall’omologazione. Dalle passerelle al costume, dai luoghi ai rapporti interpersonali, per dare un’istantanea sempre nuova del “coprimento” individuale, dall’abito materiale a quello metaforico: le maschere che ognuno di noi indossa, singolarmente e nel proprio ruolo sociale.
domenica 18 dicembre 2011
Il ritorno agli 80's per un nuovo e disinvolto MODERN GRUNGE!
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giovedì 8 dicembre 2011
Il fascino senza tempo della pelliccia: scelta etica o estetica?
Questo
autunno-inverno uno dei protagonisti del guardaroba è un grande classico: la
pelliccia. Proposta in tutte le versioni immaginabili, vera o finta, dai toni
naturali o fluo, si ritrova dappertutto, dal classico copri spalla fino ai
particolari su gonne, maglioni e addirittura sulle calzature. Un fascino
davvero intramontabile, senza tempo, che continua a far colpo sull’immaginario
femminile, e che viene riletto nelle varie collezioni con gusto contemporaneo
ma anche con un tocco un po’ vintage e retrò. Ormai il freddo è alle porte, e
appena molte di noi iniziano a chiedersi se comprarsi o meno una pelliccia,
ecco che si riaffaccia la polemica se questa rappresenti o meno una scelta
etica. Tanto la pelliccia quanto il dibattito su di essa sembra non passare mai
di moda, e anzi, col tempo si è fatto sempre più intenso. Qual è la scelta
veramente ecologica? Quella della pelliccia naturale o quella della pelliccia
sintetica? Le posizioni a riguardo sono diametralmente opposte: i
tradizionalisti ritengono che solo la pelliccia naturale possa essere
ecologica, mentre gli animalisti sostengono che l’unica scelta di buon senso
sia quella di una pelliccia che non derivi da animali. La pelliccia naturale è
considerata dall’alba dei tempi come un indumento simbolo di forza, carico di
significati magici, un po’ come se attraverso essa venisse trasmessa l’energia
dell’animale da cui proviene; in seguito diviene simbolo di lusso e agiatezza,
elemento fondamentale nel vestiario di imperatori e aristocratici. Il pelo
utilizzato per la produzione di pellicce deriva da animali come la volpe, il
lupo o l’orso, o da animali esotici (ora protetti) come le scimmie o le tigri,
e con il processo di democratizzazione del lusso, è diventato un prodotto
accessibile a tutti, dato l’abbassamento dei costi di produzione (infatti la
più grande produzione di pellicce appartiene alla Cina). Nonostante le proteste
che da anni continuano ininterrottamente, negli ultimi tempi si è vista nascere
una serie di organizzazioni che incentivano l’uso di pellicce naturali,
sostenendo la tesi che la produzione di queste pellicce sia la migliore dal
punto di vista ecologico, poiché a contrario di quelle sintetiche, non vengono
utilizzate sostanze chimiche e non dipende dal petrolio. Il dibattito oggi è
questo: la pelliccia sintetica ha diritto di essere chiamata ecologica? Le
ricerche scientifiche del laboratorio Ford Motors hanno comparato l’energia
consumata per la produzione di pelliccia naturale e di quella sintetica: la
produzione di un cappotto di pelliccia sintetica richiede circa 120,300 BTU
(British Termal Units), e tenendo in conto anche i costi del trasporto e del
cibo per gli animali delle fattorie, la
produzione di un cappotto di pelliccia naturale richiede 66 volte più energia
rispetto a quella necessaria per produrre un cappotto di pelliccia sintetica. I
dubbi a questo punto non dovrebbero più esistere, sia vista la conferma
scientifica sul lato ecologico della pelliccia sintetica sia visto che
scegliendo di acquistare questa e non una pelliccia naturale, scegliamo anche
di non incentivare l’uccisione di altri animali per scopi meramente estetici. Togliamoci
pure la mano dalla coscienza, perché molte delle pellicce proposte in
passerella dai maggiori stilisti per l’inverno 2012 sono niente meno che
sintetiche, anch’esse soffici, colorate, animalier, rasate, e a seconda delle
loro caratteristiche assumono uno stile diverso e contrastante: una pelliccia
dalle tinte brune o chiare è chic e un po’ altezzosa, una pelliccia corta blu
elettrico è trasgressiva e punk rock, dallo slancio metropolitano. Se allora è vero che oggi tutti abbiamo il diritto di
scegliere, è vero anche che abbiamo la possibilità di fare una scelta
responsabile. Perché fare una scelta ecologica significa fare una scelta etica,
facendo si che un semplice indumento come la pelliccia attraversi la moda, ma
assuma anche un significato più alto.
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