domenica 28 ottobre 2012

Tag me: la donna “taggata” nell’istantanea di tendenza.



TAG ME, ed ecco che l’eccellenza haute gamme fa sentire la propria voce anche dalla Spagna. Il marchio nasce dall'idea di creare dei capi su misura esclusivi per donne con individuali esigenze di vestire, tutti i giorni. Donne con valori e obbiettivi molto chiari, che apprezzano la qualità al giusto prezzo. Tag me non è quindi una linea di abbigliamento specifico, si tratta più che altro di un «raggio di azione» che contiene molteplici opzioni e che ispira e trasmette un’idea personale. I concetti portati avanti sono semplici ma molto ampi: la vita e l'abbigliamento vanno di pari passo. Gli uomini hanno bisogno di vestirsi non solo per bisogno di sopravvivenza, ma per essere in grado di socializzare; anche nelle comunità primitive le vesti  permettevano agli individui di differenziarsi l’uno dall’ altro. Il modo di vestire distingue le società, le tribù, le città, i paesi, i gruppi etnici. Noi tutti vestiamo in modo particolare, come particolari sono i nostri gusti, stili di vita, personalità, la famiglia, il lavoro, gli amici. Per Tag Me quindi, ogni persona, deve essere in grado di far emergere il proprio ego, le proprie aspirazioni e ambizioni al di sopra delle masse: la proposta per questa stagione è una sorta di didascalia visiva di questi concetti: il carattere del brand si manifesta in modo sofisticato e cosmopolita. Il freddo dell’inverno viene smorzato dal  tocco “caldo” dei polsini esterni e dei risvolti, che sono i veri protagonisti di questa collezione assieme ai materiali dei componenti interni ed esterni di altà qualità. Giubbotti, giacche corte e cappotti anni Settanta vanno dai toni del nero a quelli del castano e del caramello. Lo stile è allo stesso tempo moderno e chic, inconfondibile nella particolarità delle pelli. Questa nuova collezione comprende inoltre una giacca prodotta in esclusiva con la collaborazione del celebre designer Gori de Palma: un capo che trasuda di rock, attraverso diverse cerniere decorative nella parte anteriore e delle borchie disposte in serie nelle spalle, una sottolineatura glam della cura del dettaglio e dell’impegno nella manifattura. Il must della moda rimane sempre lo stesso: esprimere se stessi senza pronunciare una parola o mostrare un gesto. Ogni donna ha bisogno di avere un indumento che la faccia sentire a proprio agio in ogni luogo, senza perdere la propria comodità e praticità, che la vita moderna impone alle nostre giornate. Un capo su misura che ti faccia sentire unica, perché alla fine della giornata, ecco cosa sei. Unica.








Gigolò: L'homme indipendente à la conquête du monde.



Indépendant, éthéreal, et hors de toute convention. Audacieux, confiant en lui-même, intelligent et irrévérencieux. "Gigolo", Fashion to wear, est une marque italienne qui gagne du terrain chez l’imaginaire des hommes en Europe, et pas seulement, mais surtout il est à la conquête de l'homme français, parisien par excellence. En effet, grâce à son souci du détail, Gigolo propose un total look pour chaque occasion, et c'est exactement ce que chaque homme moderne cherche: un équilibre entre la simplicité et l'élégance indispensable, un veritable éclectisme. Il est vrai aussi qu'à cette époque l’"Urban wear" ne concerne plus seulement les «mauvais garçons de la rue», mais surtout l'homme qui veut atténuer son allure sérieuse afin de montrer, même avec une simplet-shirt, une veste ou une chemise , un style unique en respectant sa propre personnalité. Et puis la couture se mélange au casual: les lignes et les coupes valorisent les le corps en façon essentielle, raffinée et authentique.





Le Kilim et la mode, le corps et le temple.




Le Kilim: textures tissés d'histoire et tradition. Pas seulement de l’art, mais aussi un document qui n'est pas écrit, mais c’est à lire à travers une interprétation symbolique des formes qui y sont reproduits. Dans l'histoire du tapis, l’ensemble de ces figures géométriques, étroitement liés à la technique de tissage, a évolué dans des conceptions plus sophistiquées et complexes qui reflètent les traditions des différentes communautés tribales, la religion, les croyances et les superstitions qui les caractérisent. C’est à partir de cette imagerie fascinante qui la poétique de Moonchild Paris attire, née de l’imagination de Pascale Koehl, qui fut styliste de la marque française “April 77” durant sept années. Haute qualité et garantie du respect pour le cadre de vie et le bon traitement des animaux utilisés pour la tonte, comme le juste salaire et la considération des droits des tricoteurs et tisseurs qui travaillent à la main selon leur savoir-faire artisanal. Moonchild offre des collections plus authentiques qu’ethniques, un rencontre entre une culture urbaine et des ateliers artisanaux péruviens, où  tous les modèles sont réalisés à la main en 100% Alpaga.  Une mode qui donc n'est pas trivial, mais le résultat d'un riche apparat iconographique, tissu comme une tapisserie. Le Kilim est beaucoup moins durables que le tapis traditionnel, qui a un manteau qui protège la chaîne et la trame, donc il n'est pas surprenant que peu nous ont été rapportées du passé, mais il a quand même réussi à arriver jusqu'à nous. Le kilim peut être purement décoratif ou peut être utilisé comme un tapis de prière: encore une fois, la mode nous rappelle que notre corps est notre temple.

http://vimeo.com/50162870







La “morte” della ragazza convenzionale: Suicide Girls.



Ragazze con la mania dell’esibizionismo e la tendenza al suicidio? Niente di tutto ciò. Le Suicide Girls, ragazze alternative che non mirano alla morte, come molti erroneamente credono, indicano  nient’altro che il “suicidio” della classica ragazza per bene, per lasciare spazio a quella che definiscono la vera essenza del loro animo: “ What some people think makes us strange or weird or fucked up, we think is what makes us beautiful." Questo é il loro motto, ma la risposta della società quale potrebbe essere? Non sarà semplice, e varierà in base al carattere e alle credenze di chi guarda, ma ciò che é certo éche il fenomeno “Suicide Girls” é ormai ben più che una moda: un vero e proprio movimento che sta toccando anche la nostra penisola.  La “community” venne fondata anni fa dalla fotografa americana "Missy Suicide", che iniziò a fotografare delle ragazze particolari e dichiaratamente alternative senza veli e senza la paura di nascondere segni e imperfezioni fisiche da parte di queste ultime. Il nome é un omaggio manifesto al romanzo preferito di Missy, "Survivor", di Chuck Palahniuk. Uno dei lati positivi e genuini dell’arte portata avanti dalle modelle e dai fotografi Suicide é la negazione del silicone e di qualsiasi altro ritocco, persino quello del sempre presente Photoshop. Possiamo benissimo definirle le anti-conigliette di Playboy, le anti-veline, una via di mezzo tra i personaggi degli anime made in Japan e il punk degli anni settanta. Nell’universo delle Suicide Girls ogni donna é splendida perché diverso e unico modello di femminilità: ogni corpo femminile é capace di osare, di provocare e d'inquietare. Questa é la libertà che é possibile, e per loro necessario, esprimere. Per i "contrari" questo é solo un altro modo per esibirsi, senza nessuna filosofia da portare avanti, ma sappiamo bene che dietro ogni tendenza e ogni minimo interesse si cela sempre un meccanismo misterioso e socialmente affascinante, soprattutto nel caso delle Suicide Girls: é come se queste belle e meno (secondo i canoni estetici predominanti, ovviamente) ragazze, incarnino, più degli altri tipi di bellezza, il "lato oscuro" dell'immaginario maschile, soprattutto quello in cui esistono donne che non chiedono il permesso, che si autoaffermano a tutti i costi e che fanno del loro corpo prima di tutto un tempio per sé stesse, scegliendo il proprio look, e rendendolo il più simile possibile al loro vero “ego” , attraverso piercing e tatuaggi che raccontano un po’ si sé. Sicuramente il risultato sarà uno strumento di lavoro oltre che di piacere, portando tutto ciò all'esterno e mostrandolo al mondo grazie alla dedizione di fotografi e stylist indipendenti. Il loro non allinearsi ai trend, alle mode e ai dogmi della bellezza tipici delle riviste di moda é un chiaro segnale di rifiuto delle norme comportamentali ed estetiche convenzionali.  L’approccio fotografico é ricco di fantasia, la varietà delle modelle incredibile e la libertà di potersi autorappresentare al di fuori dagli schemi é unica e simbolica:  Suicide Girls non significa soltanto essere  tatuate o piene di piercing, ma anche costruirsi uno stile di vita che corrisponda a profonde esigenze di indipendenza personale, senza mai rinnegare la propria femminilità. Questo é il mondo delle Suicide Girls, una dimensione di cui si parlerà ancora per molto tempo e che vale la pena di visitare con curiosità.




Le tendenze haute couture: Paris Fashion Week.


Come ogni anno, nella capitale di Francia nonché una delle capitali della moda mondiale, si è tenuta una delle settimane più scottanti del fashion system annuale, che ha visto sfilate varie e luccicanti sparse un po’ per tutta Parigi. Iniziamo da un must dell’eccellenza francese, Louis Vuitton:  quest'anno la sfilata faraonica di Louis Vuitton porta il pubblico dentro un centro commerciale immaginario, frutto della scenografia dell’artista francese Daniel Burden, che ha portato sulla passerella i vari gruppi di modelle per insieme di colore, in cui dappertutto risuona l’eco inconfondibile della fantasia a scacchi della celebre maison. Gli abiti sono come delle colonne verticali, e le geometrie sono definite da colori neutri come il bianco e il nero e da altri più vivaci e anni ’60 come il giallo e il verde. La sottolineatura del grafismo e delle linee dritte si notano anche nelle scarpe e nelle borse: le prime presentano tutte mezzi tacchi, per dare un’aria “inquadrata” e poco frivola, e le seconde non sono altro che rigorosi bauletti rettangolari. Chanel, dal canto suo, non esprime per niente tutta questa “austerità” e si lascia andare alla leggerezza e alle forme un po’ aerodinamiche, come la nuova borsa-provocazione a forma di hula-hop. Karl Lagerfield ci sorprende ancora una volta attraverso una scenografia faraonica che ha come tema portante le energie alternative: la passerella, infatti, è una lunghissima serie di pannelli solari da cui si ergono gigantesche pale eoliche, per riprendere appunto quel’idea aerea espressa fin dall’inizio, ma non solo: è un messaggio importante quello manifestato dalla maison della doppia C, che pone l'accento sull'aumento delle temperature terrestri e sulla necessità di investire in fonti diverse da carbone e petrolio. Gareth Pugh propone invece una sfilata degna del proprio stile unico e inimitabile: le silhouettes diventano figure femminili dall’allure dark e futuristica, per certi versi un po’ inquietante ma dal fascino che rapisce, con influenze stilistiche e geometriche che vanno dall’800 allo stile orientale. Givenchy ci incanta attraverso la semplicità di un susseguirsi di pezzi minimal estremamente eleganti e dal taglio irregolare e sbilanciato, per smorzare un po’ l’aria fin troppo seriosa delle tinte unite nere, azzurrine e bianche (e anche delle modelle): il tutto è incorniciato da dettagli in voile, estremamente femminili e che rendono l’architettura degli abiti un po’ un’evocazione moderna di un misto tra ali ed onde. Come chiudere un bellezza se non parlando di un'altra colonna portante come Yves Saint Laurent? La maison ha creato qualcosa di unico e irripetibile: le modelle portano in passerella dei cappelli voluminosi e misteriosi, ben in linea con gli abiti altrettanto imponenti, una via di mezzo tra il classico abito da sera e le minigonne casual, tra una rivisitazione del taglio imperiale e la classica tenuta à la garçonne, in cui fa da protagonista un tripudio di diversi tessuti, tutto all’insegna del total black senza tempo.






“L’impressionismo e la moda”, il Musée d’Orsay accoglie la Paris Fashion Week.



Il famoso museo parigino Musée d’Orsay, il 25 Settembre ha accolto a suo modo l'arrivo della settimana della moda nella capitale con la mostra “L’Impressionisme et la mode”. Un'esposizione pubblica, frutto della fusione tra capolavori impressionisti e abiti d'epoca: gli impressionisti hanno sempre favorito la rappresentazione della figura umana integrata nel proprio ambiente quotidiano, tenendo conto della vita contemporanea in cui si destreggiava l’uomo “moderno”, nelle sue attività abituali in città come in campagna. Hanno sempre fissato nell’attimo sfuggente una considerazione di metodi e atteggiamenti del loro tempo, una loro “impressione” visuale, creando quella che Baudelaire definisce "metamorfosi quotidiana delle cose esterne". Perciò la mostra,realizzata col supporto delle grandi maison Louis Vuitton e Christian Dior, propone una cinquantina di abiti e accessori, tra cui dieci cappelli, presentando una panoramica della moda femminile al tempo degli impressionisti. L’abbigliamento maschile, meno vario e più uniforme, viene evocato attraverso una ventina di pezzi, ma comunque tutti esemplari di prodotti tessili provenienti da collezioni pubbliche e private di tutta la Francia. E, infine, un display documentario riunisce disegni, figurini e riviste di moda, tra cui “La dernière Mode”, una breve recensione a cura di Mallarmé, e le fotografie dallo studio Disdéri. La mostra ci offre un po 'della sostanza e della solidità della pittura impressionista, in cui gli abiti e le figure sono trasfigurati dalla magia di luci e ombre che, sia in movimento che in stato di quiete, si fondono con l’ambiente circostante creando un tuttuno dinamico. La realtà descrittiva dell’uomo e della donna tra il 1860 e il 1880 e del loro aspetto quotidiano ha subito una metamorfosi innegabile a causa del susseguirsi rapido dei diversi e approcci estetici: d’altra parte, grazie alla rapidità di esecuzione, i gesti e giochi di tessuto danno autenticità a qualsiasi “impressione” esterna. Manet, Monet, Renoir, Degas e Caillebotte: alcuni di loro non hanno lavorato a Parigi per molti anni,ma nonostante ciò hanno sempre portato con sé, attraverso le proprie opere, l’allure e lo stile di vita della ville lumière, regalandoci un’istantanea sociale espressiva e sempre nuova. Le prossime “exhibitions” avranno luogo al Metropolitan Museum of Art di New York, dal 19 Febbraio al 27 Maggio 2013, e a Chicago presso “The Art Institute”, dal 29 Giugno al 22 Settembre 2013.

L’esposizione:
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.497974063546283.121316.170924542917905&type=1








mercoledì 12 settembre 2012

Bukowski mania: stile di ordinario citazionismo.



Stile esagerato e sboccato, spesso violento : Kerouak, Burroughs, Welsh, Tusset, ma soprattutto il celebre Charles Bukowski. C’è chi lo accosta alla tradizione della beat generation, ma probabilmente, dato il contenuto dei suoi racconti e delle sue poesie e lo stile che calza tutto ciò a pennello, potremmo definirlo un vero e proprio scrittore “pulp”. Grazie alle opere dei "cannibali" in Italia e al successo del film Pulp Fiction, la notorietà del "pulp" indusse il comico Bebo Storti a creare il personaggio dello scrittore pulp Thomas Prostata, protagonista di alcuni sketches del programma televisivo Mai dire gol. Il suo tormentone era la battuta "Pulp, molto pulp... pure troppo!". Vi sono anche scrittori non italiani che presentano uno stile molto simile, come ad esempio Chuck Palahniuk , uno dei maggiori esponenti dello stile pulp contemporaneo:  nel 1996 pubblica infatti il famoso Fight Club, che presenta già alcune somiglianze con il movimento letterario italiano e che diventa ancora più simile in romanzi successivi, stile che non perde neppure nelle sue ultime pubblicazioni, come per esempio Gang bang. Ma torniamo al grande Bukowski : in Italia conosce il successo nel 1978, sulla scia dei trionfi letterari francesi e tedeschi e, da non credere, in America é ancora un perfetto sconosciuto. Che fosse un insuccesso dovuto alla sua autenticità? E' lui che distrugge ogni forma di patriottismo negli Stati Uniti, è lui che vivendo in quella stessa società può raccontare la truffa dell’ “American dream”. Nel libro "Post Office" racconta dei suoi anni di alienazione presso un ufficio postale, descrivendo una società in cui il posto di lavoro non è mai sicuro, in cui si può lavorare per dodici anni presso la stessa azienda senza mai essere assunti dalla stessa, cosa che va ancora di moda oggi. Gli americani, con tutta probabilità, non gli perdonarono di essere americano, così come non perdonano il fatto che gli europei apprezzino uno scrittore che distrugge la società americana. Ma in Europa troviamo uno scenario completamente diverso: esplode una sorta di Bukowski mania, soprattutto a dieci anni dopo la sua morte. In Italia viene portato Bukowski a teatro con l'attore Alessandro Haber, dove viene narrata la sua accoglienza e il suo viaggio in Europa nel libro autobiografico "Shakespeare non l'ha mai fatto", il cui titolo è probabilmente una sua allucinazione alcolica, dove si descrive anche lo scandalo avvenuto alla televisione francese quando fu allontanato o malamente scacciato come un qualunque ubriacone molesto. Ma cos’è che rende Charles Bukowski così amato dalle nuove generazioni di perpetui citazionisti e/o  veri amanti della letteratura? Il vero successo di Bukowski sta nell'essere sempre stato Charles Bukowski e, successo o meno, ciò che più è importante è, aldilà di quello che ha scritto, ciò che poteva e può significare. Rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto significativo: in una scrittura molto ripetitiva e sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con qualcosa di completamente nuovo, se stesso incarnato in uno stile. La Bukowski mania probabilmente, e purtroppo, è più una questione di apprezzamento vuoto di stile che di profonda empatia con il lettore. Ma d’altronde, lo stesso Bukowski afferma: “ Lo stile è una risposta a tutto. Un nuovo modo di affrontare un giorno noioso o pericoloso fare una cosa noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile. fare una cosa pericolosa con stile è ciò che io chiamo arte. Boxare può essere arte. Amare può essere arte. Aprire una scatola di sardine può essere arte. Non molti hanno stile. Non molti possono mantenere lo stile. Ho visto cani con più stile degli uomini, Sebbene non molti cani abbiano stile. I gatti ne hanno in abbondanza.”